VIOLENZA SESSUALE

SE DORMO NON SONO COSCIENTE NE’ CONSENZIENTE

6/27/20253 min read

person's right eye
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VIOLENZA SESSUALE:

SE DORMO NON SONO COSCIENTE NE’ CONSENZIENTE

Il caso

Con una sentenza del 31 maggio 2024, la Corte d'Appello di Perugia ha confermato la condanna di un imputato per il reato di violenza sessuale (art. 609-bis, comma 2, cod. pen.)1. L'imputato era stato dichiarato responsabile per aver abusato delle condizioni di inferiorità fisica e psichica della persona offesa, la quale aveva volontariamente assunto bevande alcoliche e cocaina2. I fatti si sono svolti di notte, nella camera da letto dell'imputato, dove quest'ultimo ha costretto la persona offesa a subire atti sessuali mentre dormiva3. La pena inflitta è stata di due anni e otto mesi di reclusione, oltre al risarcimento dei danni in favore della parte civile4.

Il ricorso dell'imputato

L'imputato ha presentato ricorso per cassazione, articolando quattro motivi5:

  • Primo motivo: Violazione degli artt. 609-bis e 533 cod. proc. pen., vizio di motivazione e travisamento della prova6. L'imputato ha sostenuto che lo stato di ubriachezza della persona offesa non era provato in modo conclusivo, che la percezione intermittente della persona offesa non era spiegata, e che le sue dichiarazioni erano imprecise e incoerenti, inclusa l'inverosimiglianza del comportamento post-fatto (incontro sereno con l'imputato)7.

  • Secondo motivo: Violazione di legge, vizio di motivazione e travisamento della prova riguardo alla mancata concessione dell'attenuante del fatto di minore gravità8. L'imputato ha argomentato che la Corte d'Appello aveva erroneamente omesso di considerare tale attenuante, limitandosi a descrivere la condotta contestata e ritenendo ostativo il fatto che si fosse trattato di un rapporto sessuale completo9.

  • Terzo motivo: Violazione di legge, vizio di motivazione e travisamento della prova in relazione all'applicazione delle attenuanti generiche e alla mancata concessione dell'attenuante del fatto di minore gravità10. L'imputato ha sostenuto che le motivazioni per la concessione delle attenuanti generiche avrebbero dovuto portare a riconoscere anche la minore gravità del fatto11.

  • Quarto motivo: Falsa applicazione dell'art. 609-bis, comma 3, cod. pen.12. Si lamentava che l'attenuante era stata negata dando rilievo all'abuso dell'inferiorità psico-fisica della persona offesa (elemento costitutivo del reato) e alla completezza del rapporto sessuale (circostanza non dirimente per la giurisprudenza)13. I giudici avrebbero dovuto considerare elementi favorevoli come l'età della vittima, l'occasionalità dei fatti e l'assenza di disagio immediato nella persona offesa14.

La questione giuridica del consenso nella violenza sessuale

La Corte ha ribadito che il convincimento sulla responsabilità penale può basarsi anche sulle sole dichiarazioni della persona offesa, purché sottoposte a un vaglio rigoroso di attendibilità15151515.

Inoltre, è stato riaffermato che tra le "condizioni di inferiorità psichica o fisica" previste dall'art. 609-bis, comma 2, n. 1, cod. pen., rientrano anche quelle derivanti dalla volontaria assunzione di alcolici o stupefacenti, in quanto tale menomazione può essere strumentalizzata per il soddisfacimento degli impulsi sessuali dell'agente16. In tali casi, il consenso eventualmente prestato dalla vittima è viziato ab origine, e ciò che rileva è la consapevolezza dell'agente dello stato di inferiorità della persona offesa e il fatto che quest'ultima non possa esprimere un valido consenso17. L'abuso di tali condizioni consiste nello sfruttamento doloso della menomazione della vittima18.

Infine, per la consumazione del reato di violenza sessuale è richiesta la mera mancanza del consenso, non necessariamente la manifestazione del dissenso, soprattutto in caso di atti sessuali realizzati nei confronti di una persona dormiente19.

La decisione della Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato manifestamente infondato il primo motivo di ricorso20. Ha rilevato che i Giudici d'Appello avevano correttamente fondato la responsabilità sulle dichiarazioni coerenti e credibili della persona offesa, corroborate dalle dichiarazioni di un teste e da una conversazione telefonica in cui l'imputato aveva ammesso il fatto21. Il comportamento post-fatto della persona offesa, pur contestato dalla difesa, non inficiava la sua attendibilità22.

Per quanto riguarda il secondo, terzo e quarto motivo, relativi alla mancata concessione dell'attenuante della minore gravità del fatto, la Corte li ha dichiarati inammissibili23. Questo perché tali censure non erano state oggetto di uno specifico motivo d'appello, e non possono essere dedotte per la prima volta in sede di legittimità se non rilevabili d'ufficio o non deducibili in precedenza24.

Conseguentemente, il ricorso è stato dichiarato inammissibile e il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria25252525.

Infine, la Corte ha preso atto della revoca della costituzione di parte civile da parte del difensore della parte civile, avvenuta in data 28 aprile 202526. Tale revoca, essendo incondizionata e frutto di un accordo transattivo, determina l'estinzione del rapporto processuale civile e la caducazione delle statuizioni civili27. Per questo motivo, la Corte ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alle statuizioni civili28.