Corte Suprema di Cassazione (34027/24)

La Corte d'Appello di Milano ha confermato la condanna di un imputato per maltrattamenti alla moglie, avvenuti anche in presenza delle figlie minorenni, fino a settembre 2020 (art. 572 cod. pen.), e per lesioni personali volontarie nei confronti della stessa donna.

6/27/20252 min read

a courtroom with a large wooden bench
a courtroom with a large wooden bench

Corte Suprema di Cassazione (34027/24): ribadito il discrimine tra mere liti, penalmente irrilevanti, e condotte maltrattanti

Il caso

La Corte d'Appello di Milano ha confermato la condanna di un imputato per maltrattamenti alla moglie, avvenuti anche in presenza delle figlie minorenni, fino a settembre 2020 (art. 572 cod. pen.), e per lesioni personali volontarie nei confronti della stessa donna.

Il ricorso dell'imputato L'imputato ha presentato ricorso per cassazione lamentando:

· Violazione di legge e vizio di motivazione riguardo all'attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa. Il ricorrente ha sostenuto che gli elementi a conferma delle dichiarazioni si riferivano solo a un singolo episodio (7 giugno 2020) e non potevano comprovare il reato di maltrattamenti, data la sua natura abituale. Ha evidenziato presunte contraddizioni e genericità nelle dichiarazioni della persona offesa, affermando che la vaghezza non poteva essere giustificata dalla serialità delle condotte. Ha anche menzionato che gli episodi di maltrattamento erano pochi e molto distanziati nel tempo (25 marzo 2018, 7 giugno 2020 e 10 settembre 2020) e avvenuti in un contesto di conflittualità reciproca.

· Violazione di legge riguardo alla dichiarazione di inammissibilità della richiesta di sostituzione della pena ai sensi dell'art. 20 bis cod. pen. La difesa aveva richiesto la sostituzione della pena già con l'atto di appello e in una memoria successiva, chiedendo anche la fissazione di un'udienza ex art. 545 bis cod. proc. pen.. La Corte d'Appello aveva dichiarato inammissibile la richiesta per mancanza di indicazioni e documentazione a sostegno, motivazione contestata dal ricorrente, il quale ha sottolineato che le norme citate non impongono tale onere all'imputato.

La decisione

La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato solo il motivo relativo alla mancata sostituzione della pena, ai sensi dell’art. 20 bis c.p., mentre con riferimento alla violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla conflittualità tra i coniugi che, secondo il ricorrente, avrebbe dovuto essere considerata fisiologica, la Suprema Corte ha ribadito che il reato di maltrattamenti è caratterizzato dall'asimmetria di posizione nella coppia, dove un soggetto impedisce all'altro di esprimere il proprio essere, distinguendolo dalle liti ordinarie che avvengono in posizione paritaria. Ha evidenziato, altresì, che eventuali reazioni della persona offesa non escludono il reato se permane una posizione di disuguaglianza.

Ha invece annullato con rinvio, rilevando plurime violazioni da parte della Corte territoriale, quanto alla corretta applicazione dell’art. 545-bis cod. proc. pen. il quale non impone all'imputato alcun obbligo di presentare documentazione al giudice, ma solo la facoltà di presentarla all'Ufficio dell'Esecuzione Penale Esterna o memorie alla cancelleria del giudice. Ha quindi annullato la sentenza limitatamente all'applicazione della sanzione sostitutiva della pena detentiva breve, rinviando per un nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte d'Appello di Milano.

La sentenza è pregevole laddove rimarca che il reato di maltrattamenti in famiglia si configura attraverso comportamenti reiterati, anche se non sistematici, che ledono la dignità e l'identità della persona offesa con violenza fisica o psicologica, limitandone l'autodeterminazione. Non manca, altresì, di evidenziare che ciò che caratterizza tale reato è l'asimmetria di posizione che si crea nella coppia, dove una parte si pone in una condizione di "sopraordinazione" che impedisce all'altra di esprimere liberamente se stessa. A differenza delle liti ordinarie, in cui le parti si confrontano in posizione paritaria, nei maltrattamenti c'è un soggetto sopraffattore e uno sopraffatto, e la reazione di quest'ultimo non esclude il reato se permane la disuguaglianza